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Centro Studi Storico Militari - G. SALINARDI

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SALINARDI Gerardo nato a L’Aquila degli Abruzzi il 1 novembre 1913 da Ernesto e da Carolina Todini Boezio. Dottore in Scienze Agrarie- Agronomo, è stato Direttore del Centro di Colonizzazione di Avigliano e dell’Ente di Riforma in Puglia, Lucania e Molise prima e Presidente della Centrale del Latte dell’Ente di sviluppo poi.
 Decorato di tre Croci di Guerra al Merito e di una Croce di Guerra al Valor Militare sul campo e con la seguente motivazione: “Sottotenente del 226° rgt. Ftr. Arezzo, incaricato col suo plotone di riconoscere e prendere collegamento con un reparto segnalato sul fianco, riconosciutolo nemico,non esitava, pur trovandosi in presenza di forze molto superiori, ad affrontarlo con lancio di bombe. Rimasto ferito alla faccia, continuava la lotta finchè, sopraggiunti i rinforzi, il nemico non veniva messo in fuga e la posizione saldamente occupata. Esempio di slancio, audacia e sprezzo del pericolo. Guri Villahinks (Fronte Greco-Jugoslavo) 10/4/1941”. Ha ricevuto un encomio con la seguente motivazione: “Tenente nel 65° Rgt.Ftr. motorizzato Trieste, per il coraggio e sprezzo del pericolo dimostrato durante tutti i combattimenti e per le sue doti di animatore e trascinatore. Africa Settentrionale, Tobruk, Marsa Matruk, El Alamein, giugno-luglio 1942”.
Ispettore Onorario delle Antichità e Belle Arti è stato insignito della Medaglia d’Argento al Merito della Pubblica Istruzione con la seguente motivazione: “Ispettore Onorario alle Antichità, si è dimostrato, per rapidità, decisione e tatto, il più concreto collaboratore regionale dell’Amministrazione delle Belle Arti per il salvataggio del patrimonio archeologico della Basilicata. Roma 2/6/1966”.
Nel 1971 gli è stata conferita la Medaglia d’Oro al merito della Tecnica Agricola. Nel 1982 gli è stato conferito il grado di Colonnello.
Muore a Potenza il 15 aprile 1992 e i suoi funerali si celebrano nella cappella della  Caserma "Lucania" con la bara avvolta dal tricolore e posta sull'affusto di un cannone.

IL CENTRO STUDI STORICO MILITARI

 A seguito della chiusura del 91° Battaglione Lucania (era il 18 novembre) nasce il Centro Studi Storico Militari per tramandare la memoria storia del glorioso reparto e di tutte le unità militari che hanno avuto relazione con la città di Potenza (anche della Brigata Basilicata e della Divisione Superga).

 Il Centro raccoglie  così studiosi di “militaria” ma anche di storia locale. L’idea nasce dal Centro Newman che ha avuto negli ultimi vent’anni un rapporto privilegiato con il glorioso Battaglione promuovendo iniziative socio-culturali che hanno permesso di conoscere la storia e le tradizioni militari della nostra regione, oltre a curare la Sala Storica del 91° Battaglione, un vero e proprio scrigno di storia e di cultura. A far da garante al nascente sodalizio è l’Associazione Combattenti e Reduci (Federazione di Potenza) ed il Comitato Reduci della “Divisione Superga”con sede a Torino e che raccoglie i reduci di guerra del 91°, 92° Ftr. E 5° Art. Il Centro di Studi Storico Militari, di Uniformologia e di Iconografia Militare provvede alla erezione o gestione, nel proprio ambito, di una ESPOSIZIONE PERMANENTE della Brigata Basilicata e della Divisione Superga, eredi delle tradizioni militari risorgimentali lucane ed indirizza il suo impegno anche nella ricerca di cimeli di tutti i reparti già costituenti le predette unità. A tal fine collabora con il gruppo “ Ex Divisione Superga” ( Comitato Reduci ), con sede in Torino e con la Federazione Provinciale Combattenti e Reduci di Potenza. L’opera di promozione culturale si realizza in collaborazione con gli studiosi di storia militare ed in collegamento con gli Enti militari, culturali e di ricerca scientifica locali e nazionali. Il Centro di Studi Storico Militari, di Uniformologia e di Iconografia Militare programma annuale di manifestazioni culturali in conformità agli obbiettivi di cui art. 04 dello statuto, definito dal Consiglio Direttivo su proposta del Presidente Il Centro promuoverà, inoltre, pubblicazioni culturali di studi e documentazione, curate da un apposito ufficio editoriale.

 
 

M.O.V.M. TENENTE ATTILIO CORRUBIA GdF

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Scritto da Bartolomeo SANTORO Giovedì 23 Gennaio 2014 09:46

Di  Barile (Potenza) nato il 30 gennaio 1918*, impiccato dai tedeschi ad Epidauro (Peloponneso) il 23 gennaio 1944.

Il padre Giovanni, di Barile (PZ) era un bravo geometra trasferitosi presso l’Ufficio del Catasto ad Avellino con sua moglie Margherita Ginnasi. Interrotti, nell'ottobre del 1939, gli studi di Giurisprudenza all'Università di Bari, il giovane era stato ammesso al Corso allievi ufficiali dell'Accademia della Guardia di Finanza. Ne era uscito nel settembre del 1941 con la nomina a sottotenente, destinato al V Battaglione della GdF mobilitato in Grecia e nel Peloponneso. Il 1° settembre 1943, pochi giorni prima dell'armistizio, Corrubbia era stato promosso tenente e l'8 settembre 1943 non esitò a passare con i partigiani greci che combattevano contro i tedeschi. Impegnato, con altri militari italiani, nel Battaglione partigiano greco "Elios" - operante a Kalavrita e che sul finire di dicembre si spostò nella zona di Arafarà –Abele. Il 19 gennaio 1944 il tenente Corrubia finì per essere catturato dai tedeschi. Dopo quattro giorni di duri interrogatori, durante i quali l'ufficiale della GdF rifiutò di fornire notizie utili per la cattura degli altri partigiani della formazione, Corrubia fu impiccato sulla piazza di (Eghion) Epidauro. La motivazione della massima ricompensa al valor militare concessa alla sua memoria dice: "Aiutante maggiore di battaglione dislocato nel Peloponneso, riusciva a sottrarsi all'atto dell'armistizio alla cattura da parte delle truppe tedesche e si aggregava a banda partigiana greca, seguendone la rischiosa attività. Catturato in seguito a delazione e sottoposto a sevizie, si rifiutava di fornire qualsiasi elemento che potesse giovare al nemico. Condannato a morte mediante impiccagione, affrontava la prova suprema con intrepida fierezza ed ardimentosa serenità".

La serenità con la quale affrontò il supplizio ed il suo eroico contegno tenuto durante le torture e dopo la sentenza di morte, destarono l’ammirazione dello stesso nemico.

Nel 2004, nel sessantesimo anniversario del sacrificio dell’intrepido ufficiale della Finanza, a Lauria (PZ) la sede dell’attuale Comando Compagnia è stata intitolata a suo nome.

A lui è intitolata, inoltre, la motovedetta della Guardia di Finanza (serie III).

Fonte: Comando Generale Guardia di Finanza –Albo d’ORO /Ufficio Storico – nota n. 122700/392 del 16/04/2004.

*Dal foglio matricolare risulta nato tuttavia in un Ospedale di Avellino anche se successivamente venne registrato dal padre presso il comune di origine (Barile –Potenza)


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Biagio Lammoglia M.O.V.M.

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Scritto da Bartolomeo SANTORO Venerdì 01 Novembre 2013 11:16

Il Caporale Biagio Lammoglia nacque a Maratea il 25 novembre  1891   da  Giovanni e  da  Panza  Filomena.
Biagio Lammoglia era di modeste origini ma, sin da giovanetto, aveva dimostrato  di avere sentimenti elevatissimi.
Il padre era calderaio; la madre era una buona donna di casa tutta dedita, come il marito, al lavoro ed alla famiglia. Biagio ebbe una educazione sana, profondamente morale. La vita umile e stentata della sua famiglia lo abituò alla parsimonia ed al vivere civile. Frequentò con piacere le scuole elementari e trasse gran profitto dalla lettura del « Cuore » di De Amicis i cui episodi amava rileggere e ricordare ai compagni.
Appena ultimata la scuola elementare, giovanissimo iniziò la pesante vita del contadino dando prova di buona volontà e resistenza non comune lavorando in campagna anche sotto le sferzate del freddo, la pioggia insistente o sotto il sole rovente. Tutti ricordano come egli non si ritirasse dalla campagna senza portare a casa dei pezzi di legno raccattati lungo la via e destinati ad accendere il fuoco per evitare che si dovesse comprare la legna necessaria. Spesso accompagnava il padre nelle fiere paesane ove lo aiutava a vendere caldaie, bracieri, pentole, mestoli, paioli, scaldaletti, tegami e tutto quanto  veniva  prodotto  dalle  operose mani  del genitore.
La povertà in cui viveva la sua famiglia lo indusse a partire giovanissimo per il Brasile ove si dette subito a lavorare. Faceva una vita di grandi stenti per poter mandare ogni mese del denaro ai genitori: tutti gli volevano bene perchè era un gran lavoratore e giovane intelligente che passava le ore libere a studiare e ad apprendere la lingua del luogo ove si trovava.
Appena scoppiata la guerra contro l'Austria, egli venne in Italia per compiere il suo dovere di cittadino e di soldato. Partì subito per il fronte con un reggimento di nuova formazione, il 154° Fanteria, e subito si distinse in tutte le operazioni in cui il Reggimento venne impegnato. Fu promosso Caporale e  poi  Caporale  Maggiore.
La lotta sul Carso è stata una lotta assai dura e sanguinosa. Quella terra benedetta è bagnata dal maggiore e migliore sangue italiano. Le trincee si sviluppavano nella terra rossigna e nella roccia dura. La costruzione dei camminamenti costava un quantità di vittime, anche di notte, perchè i malfamati cecchini tenevano i fucili puntati sui punti più nevralgici e rare volte sbagliavano i micidiali colpi a proiettili dirompenti. Ma la costanza dei soldati italiani era semplicemente meravigliosa: si componeva da parte il corpo del Caduto e si ricominciava da  capo.  Nuove  vittime,  nuove  sostituzioni.   I   camminamenti
sono ancora oggi un dedalo intricatissimo. Solo chi era più che pratico e più che coraggioso poteva percorrerli di giorno strisciando per terra, saltando ostacoli improvvisi, percorrendo a corsa folle i tratti scoperti. Fare il porta-ordine di giorno, durante il combattimento, significava avere un cuore di leone. Erano più i porta-ordini che non raggiungevano la meta che quelli che potevano assolvere il difficilissimo incarico. Lam-moglia lo sapeva ed aveva accettato l'incarico più rischioso assolvendolo sempre con una fede inestinguibile. L'8 giugno 1917, benché colpito ad un occhio che gli venne quasi completamente asportato, portò a compimento la sua missione ma bisognava che qualcuno ritornasse in linea a portare la risposta. Non volle che andasse alcuno, volle assolutamente ritornare lui stesso perchè gli altri non sarebbero giunti in linea dato l'andamento del combattimento. A nulla valsero le preghiere. Con l'occhio penzoloni tornò in linea e vi restò fino a che era necessario per portare le notizie attese al Comando. Poi consentì di essere medicato. Erano quelle le tremende giornate di Castagnavizza, di Flondar, dalle foci del Timavo, di Hudi-Log, di Fiamiano, di Dosso Fai ti, di q. 208 nord e sud, di S. Michele, del Vallone di Doberdò, di quota 85. Un calvario per tutti, un cratere di fuoco infernale mentre l'infausto attacco frontale si ripeteva da una parte all'altra del fronte e la più bella gioventù d'Italia cadeva nel nome della Patria.

Lammoglia Biagio fu decorato di Medaglia d'Oro al Valor Militare: « Coraggioso fino alla temerità e già distintosi nei « vari combattimenti per spirito aggressivo,prontezza nell'azione « e sprezzo d'ogni pericolo, durante un attacco notturno, sempre « presente ove il rischio era maggiore e dove urgeva l'opera « di un ardimentoso, servì da informatore, da portatore di ordini, « da comandante di squadra, esempio di serenità e di coraggio. « Ferito con occhio quasi completamente asportato, anziché « curarsi di sé, soccorse il suo comandante di compagnia, « pure ferito, e trascinatosi poi da solo al posto di medica-« zione, appena fasciato, si recò al comando di battaglione a « riferire sull'andamento dell'azione, offrendosi pure di reca-« pitare un avviso al comando di Reggimento ». (Castagnavizza, 8 giugno 1917).
Ricordo bene che al fronte si parlò lungamente di lui, di quest'umile soldato sconosciuto che nel combattimento infernale portava  e  riportava  gli  ordini  con  l'occhio  penzoloni  e
soccorreva, in quelle condizioni, il proprio ufficiale ferito. I combattenti conoscevano tutto l'episodio e se lo narravano con un senso di ammirazione. Il fatto era così bello ed eccezionale che svegliò molti cuori, sospinse molti eroi al compimento del dovere portato fino al sacrificio. Dopo la guerra egli ritornò in Brasile ma l'amore della Patria lo richiamò in Italia. Si fermò con la famiglia a Messina ove è deceduto il 1967. Prima di morire chiese di essere seppellito al suo paese natio, Maratea, che rese alla Sua salma solenni onoranze ed ha intitolato al Suo nome la piazza della bella cittadina che si affaccia  sul   Tirreno.
Maratea può  davvero  essere  orgogliosa  di  Lui !

 
 

Maratea (PZ) ricorda la M.O.V.M. Biagio LAMMOGLIA

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Scritto da Bartolomeo SANTORO Giovedì 31 Ottobre 2013 19:13

 

L'Eroe Marateota sarà ricordato presso l'Ex scuola elementare in località massa di Maratea alle ore 17:00, con l'occasione il maestro lucano Vincenzo d'Acunzo presenterà il ritratto che ha realizzato nell'ambito del progetto di ridare colori ai Valorosi EROI lucani, curato con l'ausilio della federazione potentina dell'Istituto del Nastro Azzurro e membri del comitato scentifico del Centro Studi Storico Militare G. Salinardi.


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Ultimo aggiornamento Giovedì 31 Ottobre 2013 19:21  
 

La città di Potenza ricorda la M.O.V.M. Ten. c.c. Orazio PETRUCCELLI

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Scritto da Bartolomeo SANTORO Domenica 15 Settembre 2013 16:41

Il 24 Settembre 2013 ricorrono 70 anni dalla fucilazione del Ten. c.c. Orazio PETRUCCELLI, potentino, decorato di medaglia 'd'Oro al Valor Militare eroicamente caduto a Cefalonia nel settembre del 1943.


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Ultimo aggiornamento Venerdì 20 Settembre 2013 11:55  
 

Potenza, 8-9 settembre 1943

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Scritto da Rocco GALASSO Lunedì 09 Settembre 2013 13:17

Diari e lettere messe a disposizione da familiari degli uomini vittime e/o protagonisti di quelle terribili giornate settembrine di 70anni fa. Onore alla loro memoria e monito per il presente ed il futuro!

Brevi trascrizioni da un Diario di un militare presente a Potenza:

8 Settembre, ore 22.00 “Ero presso il Rione S. Maria allorquando sono stato sorpreso dal primo bombardamento aereo. Spezzonamento e bombardamento dell’edificio Balbo (Comando Generale dell’Armata) e del Museo. Sono riuscito, incolume, a raggiungere la campagna ove ho passato la notte all’aperto”.

9 Settembre, ore 6.00 “Mi unisco a mio cognato, visito la casa.” 

ore 7.30 “Mi reco al Comando dell’Armata a prendere regolare servizio. Al Comando apprendo che durante la notte il Comando Tattico dell’Armata a mezzo di autocarri si è trasferito a Francavilla Fontana (Ufficio Operazioni, Informazioni, ….

Questo si legge nel diariodi un sottufficiale della Scuola Allievi Ufficiali di Artiglieria di Potenza, finita sotto i bombardamenti del settembre 1943.

INTORNO ALLE ORE 10 DEL 9 SETTEMBRE 1943 NEL CIELO DI POTENZA FORMAZIONI QUADRIMOTORI di cacciabombardieri americani  (B-17 “FORTEZZE VOLANI” e B 24 “LIBERATOR” APPARTENENTI ALLE FORZE AEREE AMERICANE DI BASE IN NORD AFRICA) INTRAPRESESO UN TERRIFICANTE BOMBARDAMENTO A TAPPETO  SULLA CITTA’ DI POTENZA

Scrive il dott.Luigi Luccioni nel suo Frammenti di cronache e ricordi (Potenza 1939-1944) che “vale la pena di rilevare che, per quanto riguarda le perdite lamentate nella caserma Lucania esse furono relativamente contenute perché il corso annuale per gli allievi ufficiali d’artiglieria (composto in media dalla 550 alle 600 unità) era terminato a giugno e gli allievi che lo avevano superato erano in licenza in attesa di raggiungere i corpi a cui erano stati assegnati. La caserma era pertanto presidiata da circa 200 soldati tra richiamati e reclute di leva, utilizzati per servizi sussidiari”

La Caserma Lucania, di antica istituzione, ospitava, infatti, dal 1934 una delle migliori Scuole Allievi Ufficiali d’Artiglieria di Corpo d’Armata (IV Gruppo del 9° Reggimento Artiglieria) ed ebbe tra i propri allievi alcuni personaggi che, percorrendo diverse strade, sarebbero diventati famosi. Tra essi sono da annoverare: Giovanni Guareschi, Edmondo Bernacca, Guido Carli.

I Bombardamenti provocarono vittime tra civili e militari. Per l’esattezza:

VITTIME CIVILI

150

VITTIME MILITARI

37

Di queste ultime: 6 NEL DEPOSITO DEL 48° FANTERIA - 6 NELLA CASERMA DELLA MILIZIA FASCISTA - 25 NELLA CASERMA LUCANIA  

Tra le vittime militari nella caserma Lucania è da ricordare l’ufficiale medico, dott. Ruzzi Donato. Scrive il Luccioni: “ il suo corpo sbalzato fuori dal fabbricato fu trovato in un cratere di bomba a testa in giù in uno spiazzo adiacente e riconosciuto dagli speroni che chissà perché egli aveva l’abitudine di applicare ai suoi stivali d’ordinanza”. (Frammenti… op.cit.) ...

Veduta della zona di Santa Maria dopo i bombardamenti del settembre 1943

Veduta della zona di Santa Maria dopo i bombardamenti del settembre 1943

diario militare e lettera del Ten. Ruzzi (concessa dal npotete G. Bellettieri) scritta 2 giorni prima dei bombardamenti in un rifugio anti-aerei

diario militare e lettera del Ten. Ruzzi (concessa dal npotete G. Bellettieri) scritta 2 giorni prima dei bombardamenti in un rifugio anti-aerei

Ultimo aggiornamento Lunedì 09 Settembre 2013 13:26  
 

Accadde l'11 novembre 1961

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Il 23 Novembre 1961 i due equipaggi dell'aereonautica italiana avrebbero esaurito il loro compito in Kongo e sarebbero ritornati nel suolo patrio.La mattina di sabato 11 novembre 1961 i due aerei decollano dalla capitale Leopoldville per portare rifornimento alla piccola guarnigione malese dell'ONU che controlla l'aeroporto poco lontano da Kindu, ai margini della foresta equatoriale.

È una regione dove i bianchi non stanno volentieri e che da mesi è sconvolta dal passaggio delle truppe di Gizenga provenienti da Stanleyville e diretti nel Katanga. Nessuno è in grado di controllare questi soldati: si ubriacano; sono ossessionati dal terrore dei parà di Ciombè; privi di disciplina, compiono misfatti, ruberie, soprusi; terrorizzano non solo gli europei di Kindu, ma la stessa popolazione indigena. Gli aerei italiani però non si devono fermare, rientreranno alla base nella stessa giornata, solo il tempo di scaricare e, per gli equipaggi, di mangiare qualcosa. I due C-119 compaiono nel cielo di Kindu poco dopo le 2 del pomeriggio, fanno alcuni giri sopra l'abitato, poi atterrano. Da vari giorni in città c'è un'agitazione maggiore del solito. Fra i duemila soldati congolesi di Kindu si è sparsa la voce che è imminente un lancio di paracadutisti mercenari di Ciombe; da tempo le truppe di Gizenga che operano nel nord del Katanga, 500 chilometri più a sud, sono bombardati dagli aerei katanghesi.

Quando, il sabato, vedono volteggiare in cielo i due aerei, la paura dei congolesi aumenta; il sospetto diventa certezza: sono i parà. Il terrore e il furore s'impossessano dei soldati, che saltono sui camion e vanno all'aeroporto e poi alla mensa dell'ONU, una villetta distante un chilometro, dove il maggiore Parmeggiani e gli altri italiani si sono recati in compagnia del maggiore Maud, comandante del presidio malese. All'arrivo dei congolesi, sempre più numerosi e minacciosi, gli italiani che sono disarmati, cercano di barricarsi all'interno dell'edificio ma vengono catturati. I pochi malesi di guardia vengono disarmati e malmenati. Il primo a morire è il tenente medico Remotti che tenta di fuggire. I dodici italiani superstiti vengono assaliti; poi pesti e sanguinanti, con il cadavere di Remotti, vengono caricati su due camion, portati in città, e scaricati dove termina la via principale, L'Avenue Lumumba Liberateur, davanti alla prigione, una costruzione bassa di mattoni rossi circondata da una muraglia.

Alle prime luci della sera i militari italiani vengono finiti con due raffiche di mitra. Poi una folla inferocita si scaglia sui corpi martoriati e ne fa scempio a colpi di machete.

Questi furono falsamente accusati di fornire le armi ai secessionisti[2]. I miliziani diffusero la notizia secondo la quale gli italiani fossero in volo verso il Katanga e fossero stati ingannati e convinti ad atterrare a Kindu dai responsabili della torre di controllo; l'inviato speciale Alberto Ronchey per La Stampa pochi giorni dopo constatò lo stato di non funzionamento della torre di controllo a partire da vari mesi precedenti l'uccisione[3]. Soltanto nel febbraio del 1962, quel che rimane di questi italiani, martiri di una missione di pace, verranno scoperti in due fosse lunghe e strette, nel cimitero di Tokolote, un piccolo villaggio sulle rive del Lualaba, sfiorato dalla foresta[4].

Un altro italiano venne ucciso alcuni giorni prima, sempre in Congo, durante un'imboscata da parte di alcune truppe rivoluzionare. Si trattava del volontario Raffaele Soru, anch'egli decorato con la Medaglia d'Oro al Valore Militare.

(FONTE: WIKIPEDIA)

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Il comune di Potenza l'11 novembre del 2011 nel 50° anno della triste ricorrenza nella scuola Elementare intitolata proprio a Nicola Stigliani ha inaugurato un busto bronzeo.


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